Emozioni primarie
La mia gestione delle emozioni primarie
applicata al clown di corsia
PAURA
La paura è una delle quattro emozioni primarie, le altre sono la gioia, la rabbia e la tristezza.
Siamo impauriti quando ci sentiamo in pericolo.
E’ fondamentale riconoscere l’emozione che stiamo vivendo, cercare di rilassarci, confrontarci con gli altri, anche solo attraverso lo sguardo, fare richieste di aiuto e supporto.
E’ fondamentale non rimuginare, non chiudersi in se’ stessi e non scappare.
Una persona ammalata è, tendenzialmente, impaurita.
Una persona ammalata di cancro ha paura di morire, di non guarire, di riammalarsi…ha paura…
Entra in allarme anche per piccole cose, un raffreddore, un’influenza che fa ritardare il ciclo chemioterapico…
Tiene sotto costante controllo i globuli bianchi perchè dal loro andamento dipende il suo prossimo ciclo di chemioterapia.
E quando i globuli sono bassi, o ha un po’ di febbre, o male alle articolazioni o qualche altro piccolo enorme intoppo… fa capolino la paura, si presenta alla porta… la paura di non farcela.
Tu… clown di corsia di fronte a questa paura cosa fai?
Eeeeehh…già…bella domanda…difficile risposta…
Se il paziente verbalizza ed esprime la sua paura, vale, a mio avviso, la regola dell’ascolto, degli sguardi dolci, del lasciare uscire dalla sua bocca quello che lo spaventa. E dopo, sempre molto delicatamente, intervenire con un palloncino, sottovoce e in punta di piedi.
Se il paziente non verbalizza e non esprime la sua paura…tu, clown di corsia, tienine conto sempre e comunque.
Sii delicato, rispettoso, dolce, affettuoso, anche quando lui sembra tranquillo, sorridente, sereno … perchè lui è come una formichina coraggiosa, ma impaurita, che ce la mette tutta “a salire una salita” di cui fa fatica a vedere la cima…
TRISTEZZA
La tristezza è una delle quattro emozioni primarie, le altre sono la gioia, la rabbia e la paura.
Siamo tristi quando subiamo una perdita, ci sentiamo abbandonati, assistiamo direttamente o indirettamente ad eventi dolorosi.
E’ fondamentale riconoscere l’emozione che stiamo provando, vivere il momento, la situazione, il periodo triste cercando di rilassarci, di condividerlo con altre persone attraverso lo sguardo, Il contatto fisico, provare a distrarci e a farci coinvolgere dagli altri in maniera delicata e dolce.
E’ fondamentale non sdrammatizzare né minimizzare la tristezza.
E, quando ad essere triste è un paziente in una stanza di ospedale? Quando la tristezza traspare dai suoi occhi?
Quando appena ti vede si commuove?
“Tu…clown di corsia cosa fai?”
Ricordo una signora all’IRCC (Istituto per la ricerca e la cura del cancro) di Candiolo che, all’ingresso in stanza mio e delle mie compagne clown, ha iniziato a piangere e a raccontare dei figli che non erano in Italia, della malattia, della paura, della tristezza.
E noi zitte, in silenzio, la guardavamo, le nostre borse piene di palloncini, magie, tutte colorate appoggiate a terra…
Poi lei si è asciugata le lacrime e ci ha guardate e noi piano piano, delicatamente, le abbiamo chiesto se potevamo farle un regalo, un palloncino a forma di fiore e lei teneramente ha detto di sì.
Dopo il suo sfogo ha abbozzato un sorriso, ha preso il fiore e dopo abbiamo chiacchierato un pochino e l’ambiente si è rilassato.
Accogliere la tristezza dei pazienti, quando manifestata, è l’unica cosa che si possa fare.
Ascoltare, guardare dolcemente, in silenzio… poi … eventualmente … parlare.
RABBIA
La rabbia è una delle quattro emozioni primarie, le altre sono la gioia, la paura e la tristezza.
Siamo arrabbiati quando subiamo un’ingiustizia o un sopruso.
E’ fondamentale riconoscere l’emozione che stiamo vivendo, sentire la rabbia che proviamo, essere consapevoli che qualcosa o qualcuno ci infastidisce, è buona cosa riflettere sull’esprimerla. A volte è meglio posticiparne l’espressione.
E’ fondamentale non accumulare rabbia, tendenzialmente se la si accumula, si rischia di esplodere.
Quando siamo ammalati, anche solo per una banale influenza, un’emicrania, dolori vari e comuni, siamo infastiditi. Se il malessere è di una certa rilevanza il fastidio può trasformarsi in rabbia.
Un ammalato di tumore è arrabbiato, non costantemente, ma, sicuramente, durante il decorso della malattia, ha provato, almeno una volta, la rabbia.
Rabbia in seguito alla malattia che lo ha colpito, rabbia in seguito a situazioni viste negli ospedali durante le cure, rabbia in seguito a morti preannunciate e poi verificatesi di persone incontrate durante il cammino.
Rabbia che porta l’individuo a urlare “Non è giusto… …” .
“Tu clown di corsia di fronte a questa rabbia cosa fai?
Cosa fai, quando, entrato in stanza, ti imbatti in due occhi sfidanti?”
Occhi che ti guardano e sembrano dirti “Io sto male, non sai cosa si prova…”
Mi è capitato una decina di anni fa all’IRCC (Istituto per la ricerca e la cura del cancro) di Candiolo .
Eravamo un gruppo di tre clown donne, amiche oltre che compagne di associazione, ci conoscevamo bene e questo ha aiutato la difficile situazione in cui ci siamo trovate. La forza e il sostegno reciproco dei clown in servizio sono importantissime.
Ci affacciamo alla stanza, chiediamo se possiamo fare un saluto, ci viene risposto di sì.
Una volta entrate, vediamo una giovane donna nel letto con il marito accanto, in piedi.
Lei, due occhi grandi, neri, magra, un pochino seria.
Cerchiamo di sintonizzarci con l’atmosfera trovata e assumiamo anche noi un’aria un pochino seria. A voce bassa ci presentiamo e spieghiamo che siamo preparate per fare spettacoli a richiesta, possono fare delle richieste e noi cercheremo di fare del nostro meglio.
“Se riuscite a farmi uscire di qui, a guarire…”, ci guarda, secca, seria …
Silenzio…
Eh sì, sembra che il silenzio aiuti sempre in queste situazioni molto complicate.
Noi tre clown ci siamo guardate, una frazione di secondo, per supportarci, per non crollare, tenere duro, stare …stare… stare…non scappare…
Lei ci ha guardate a sua volta, più rilassata, come se avesse buttato fuori il rospo.
Noi, timidamente, con rispetto e attenzione, le abbiamo detto che avremmo potuto farle un regalino, un po’ di colore…quello che più le piaceva fra le cose che sapevamo fare…abbiamo abbozzato un sorriso, più con gli occhi che con la bocca.
Il suo viso non era più così serio e sfidante…ma triste.
La rabbia come spesso accade, se si guarda un po’ dentro le cose, se si scava all’interno delle emozioni, va a braccetto con la tristezza.
E’ giusto e sacrosanto che un paziente oncologico esprima e butti fuori la rabbia che ha dentro.
Il compito del clown di corsia è quello di accogliere la rabbia , prenderla sulle spalle, cercare di portarla fuori dalla stanza.
E questa rabbia si sommerà molto probabilmente al senso di tristezza e di impotenza che ha provato.
Condividere esperienze come questa con i compagni di servizio e di associazione è assolutamente necessario, per poter continuare a vestirsi da pagliaccio in certi frangenti e non sentirsi inadeguati, per non demotivarsi, per non spaventarsi… per andare avanti!
Dopo tutto…il clown …è una cosa seria…
GIOIA
La gioia è una delle quattro emozioni primarie, le altre sono la tristezza, la rabbia e la paura.
Siamo gioiosi dopo un successo ottenuto, dopo aver avuto soddisfazione per qualcosa.
Siamo gioiosi quando facciamo qualcosa che ci piace, per ognuno di noi può essere una cosa diversa: leggere un libro, ascoltare musica, fare sport, guardare un film, studiare, lavorare, vedere un amico, andare al parco col proprio figlio, condividere emozioni e sentimenti intimi con altre persone…
E’ cosa sana e giusta esprimere la gioia, starci un po’ dentro… come fosse una coccola,.
Non è cosa sana e giusta bloccarne l’espressione, minimizzarla, dire a noi stessi che quella lì non è tanto una roba su cui gioire…che essere così contenti è un po’ infantile…
E i pazienti gioiscono?
Anche se sono in ospedale?
Anche se combattono una battaglia a denti stretti?
La riposta è sì… Gioiscono, sono attimi di gioia …intervallati da attimi di paura, terrore, tristezza, ma sono comunque preziosissimi attimi che vale la pena di vivere appieno e danno la forza per affrontare gli altri attimi…quelli brutti.
Qualche anno fa, all’IRCC di Candiolo (Istituto per la ricerca e la cura del cancro) un signore di mezza età, distinto, ci fa gentilmente entrare in stanza e fa un po’ comunella con l’unico uomo clown del gruppetto, eravamo in tre.
Qualche battuta sull’eterna diatriba uomo donna, lui era molto serio, uno humour inglese, sofisticato. Dopo poche battute prende in mano la situazione e dirige lui i giochi, facendo il “Clown Bianco” in modo impeccabile e “costringe” noi tre a fare gli “Augusti improvvisati”.
Il Bianco in una coppia comica è la persona seria, capace, quello che indirizza e rimprovera l’altro… nella coppia Stanlio e Ollio il Bianco è Ollio.
Sul momento avevo pensato che questo signore facesse un mestiere direttivo, di responsabilità, di comando… avevo pensato che in quel frangente riproponesse quello che faceva nella vita… dirigere gli altri!
Magari è così, magari no…magari quella era solo una sua modalità per entrare in contatto con noi, per distrarsi, per sorridere un po’.
Quello che so è il profumo dell’aria ridanciana e seria, bianca e augusta, respirata in quei dieci minuti… un profumo buono, un attimo di gioia.