Mare fuori

Mare fuori – Le mie riflessioni

Chiattì, Piecuro, Ciruzzo, Pirucchio, RosaRicci, Comandà, Direttrì

Instagram e TikTok sono bersagliati di video, spezzoni, immagini della serie, frammenti della serie e altrettanti video, selfie, post, dirette dei protagonisti nella loro vita fuori da “Mare fuori”.

La terza stagione sembra aver consacrato, anzi stra-consacrato un successo enorme di pubblico, le prime due avevano anticipato quello che ora è un “Mare fuori” ovunque!

Perché piace così tanto? A tante persone? Di età anagrafiche diverse?

Perché mi è piaciuto tanto?

Mi è piaciuto perché presenta uno spaccato di una realtà giovanile a 360 gradi.

Minori cresciuti in un ambiente difficile che farebbero qualsiasi cosa per quel senso di appartenenza a qualcosa o a qualcuno, fedeli fino alla morte per avere dei punti di riferimento a loro mancanti.

Minori amati dai loro genitori, ma cresciuti in un ambiente complicato. Difficile resistere alle provocazioni e sentirsi giudicati falliti e deboli dal gruppo di quartiere. Più semplice cedere e sentirsi di appartenere ai forti.

Minori cresciuti in ambienti difficili e potenti che sentono di voler crescere diversamente, ma quanta fatica, quale prezzo altissimo devono pagare.

Minori cresciuti in un ambiente bene, in una famiglia bene, studiosi. Per sentirsi, forti, fighi e uniformarsi al trend notturno si sfiniscono di “pasticci” e perdono il controllo.

Tutti finiscono indistintamente in un carcere minorile.

Nella serie tv è l’IPM di Napoli, ma potrebbe essere un carcere minorile con “La nebbia fuori” se fosse nel nord Italia.

In una puntata assistevo in poltrona ad una sparatoria, ad uno scooter che cade, ad un ragazzo che estrae una pistola: “Guardami negli occhi, apri gli occhi!” e l’altro ragazzo grida  “Accidimi, accidimi se tieni coraggio!”.

Pensavo a quando i tg danno le notizie: “Ucciso un ragazzo di 18 anni per un regolamento di conti”, oppure “Ammazzato ragazzo sedicenne, sembra essere uno sbaglio di persona”, oppure “Auto sbanda dopo notte in discoteca e investe due ragazzi che muoiono, i tre giovani sull’auto avevano abusato di sostanze”.

Dietro queste notizie flash si apre il mondo di “Mare fuori”, “Nebbia fuori”…o comunque lo si voglia chiamare.

Di solito quando sento parlare di questi argomenti è come se mi raffigurassi uno specchio altissimo, liscissimo e insuperabile, troppo difficile, troppo complicato…anzi …impossibile scalarlo!

Eppure quelle guardie, quegli educatori, quel comandante, quella direttrice…ce la mettono tutta, cuore incluso, per recuperare anche solo uno di quei ragazzi…e falliscono …una, due, tre, tante volte, ma ritentano…sempre.

Quando guardo un film in tv osservo le dinamiche dei protagonisti e mi immedesimo nei loro vissuti interni, mi ci proietto dentro e provo simpatia, antipatia…e tanto altro.

Un ragazzo che con sorriso beffardo ostenta episodi di bullismo e senza pietà esegue ordini di guerriglia può risultare tenero e simpatico? La mia risposta è sì.

Tenero perché ingenuamente confonde l’appartenenza ad un gruppo potente con l’amore, l’affetto, la fedeltà e,  quando raggiunge la consapevolezza che l’appartenenza e la fedeltà sono mutevoli a seconda di questo o quell’ordine, si dispera. Non perché è stato ferito, ma perché si rende conto di non essere amato, di non essere voluto bene, di essere stato sacrificato.

Simpatico perché, libero dagli schemi obbligati e dai comportamenti che ci si aspetta da lui, sfodera la sua simpatia, caratteristica naturale che cammina un po’ per i fatti propri.

Può una ragazza sadica e parecchio fuori dagli schemi suscitare comprensione, compassione? Sì, se si torna indietro ad una bimba piccola lasciata sola, senza amore, senza stimoli, costretta ad immaginarsi un mondo tutto suo per dimenticarsi le cinghiate preannunciate che quotidianamente riceve da chi l’ha messa al mondo.

“Eh va beh, ma allora giustifichiamo sempre tutto andando a vedere il passato…allora non se ne viene mai a capo…e noi che colpa ne abbiamo se questo o quello è cresciuto così? Mica abbiamo fatto noi del male! E allora quello di buona famiglia che ha fatto quello che ha fatto? Non gli è mai mancato nulla…eppure …guarda cosa è successo!”

Giusto! Tutto giusto! Non è colpa di nessuno, non si tratta di colpa e neanche di giustificare a tutti i costi. Se poi pensiamo che il danneggiato potrebbe essere qualcuno nel nostro perimetro…apriti cielo!  Davvero difficile, se non impossibile, assumere un atteggiamento comprensivo sul perché, sul passato, sull’andare a vedere le ragioni che hanno portato a …

A scuola ci sono gli insegnanti, in ospedale ci sono i medici, nei centri IT ci sono gli informatici, nei centri ricerche i biologi bla bla…

E nelle carceri minorili ci sono le guardie, gli psicologi, gli educatori, i responsabili vari… ci sono certo! Hanno gli strumenti per lavorare bene? Nella serie il comandante sembra identificare il cuore come lo strumento principale per fare quel tipo di mestiere in quella situazione, ma naturalmente il cuore non basta.

Voi direte…bella scoperta hai fatto!! Lo so, questa è solo una mia semplice riflessione sull’assoluto bisogno di ascolto dei ragazzi di oggi, di qualsiasi estrazione siano e in qualsiasi ambiente vivano: in un carcere minorile come in un qualsiasi quartiere più o meno centrale di una qualsiasi città.

Ci si ritrova per fare serata e poi …cosa succederà …è abbastanza impossibile da prevedere.

E allora dico delle cose ovvie, banali, ma, a mio avviso, sempre attuali:

mettersi in ascolto dei ragazzi e osservare prima di giudicare.

Il comandante, nella prima stagione (piccolo spoiler se ancora qualcuno non l’avesse vista) osserva da lontano come Chiattillo U’ Milanese venga preso di mira all’inizio, controlla che non si esageri e non gli venga fatto del male. Non può però preservarlo da quelle mortificazioni cattive e gratuite, se lo facesse lo condannerebbe a subirle per sempre. Quelle mortificazioni che fanno male al cuore sono la sbarra che si alza per fare accedere Chiattillo all’IPM, per considerarlo uguale anche se diverso da loro, per poterlo rispettare.

E’ giusto? No. E’ il linguaggio conosciuto e comune che va redarguito e smussato, ma anche un pochino accettato e lasciato passare…altrimenti i bulli che hanno accolto malamente Chiattillo perderebbero la loro identità e la situazione generale potrebbe diventare pericolosa e ingovernabile.

Fuori dal carcere la sbarra che si alza forse è il cercare di parlare un linguaggio simile, un porre attenzione ad atteggiamenti, gesti, nervosismi, ansie, silenzi interminabili,e raccogliere e cercare di capire quelle grandi ingiustizie che accompagnano l’adolescenza senza sminuirle…condividerle e confrontarsi.

Dopo tutto, il senso di giustizia e ingiustizia della vita ha accompagnato tutti noi in adolescenza e, per quel che mi riguarda, persiste tuttora.

Le  mie riflessioni sulla serie terminano qui.

Ci tengo però a dire che in quel marasma di persone così diverse per sesso, gusti sessuali, estrazione sociale, provenienza geografica, colore della pelle, si è respirato amore sincero e fratellanza.

Un amore talvolta espresso male, “Ti spacco la faccia se osi guardare la mia ragazza, lei è mia”, un amore aggressivo e travestito da minaccia per la paura fottuta di perdere quel poco che si ha e cercare di colmare il bisogno di sentirsi voluti bene.

4 commenti
  1. Gianna
    Gianna dice:

    Non l ho guardato ma ho un handicap grosso e cioè che non amo i napoletani …cmq mi piace la tua voce e quello che hai detto …quindi mi sa che lo guarderò…grazie

    Rispondi
  2. Carlo
    Carlo dice:

    Commento empatico e profondo, ti ringrazio. Sempre necessario ascoltare per farsi un’idea, provare ad immedesimarsi. Facciamo fatica perché è già complicato preservare il proprio equilibrio che ascoltare altri mondi ci fa traballare. Ma alla fine ci allarga la vista.
    Grazie del commento utile e, direi, controcorrente.

    Rispondi

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